

Omeopatia, questa sconosciuta.
Il 5 settembre ha riaperto l’ambulatorio di omeopatia, la più diffusa medicina alternativa ma anche la meno conosciuta.
Per me l’omeopatia, da bambina, è stata una salvezza: improvvisamente febbre e tonsillite si curavano con palline di zucchero e non più con siringhe di penicillina!
Ma è stata anche un’ opportunità più unica che rara: quella di sentire discutere mio padre Nicola Del Giudice, mio zio, il fisico Emilio Del Giudice, il prof. Giuseppe Vitiello, il fisico Giuliano Preparata di medicina, fisica quantistica, memoria dell’acqua.
Ho ascoltato lezioni di Benveniste e del premio Nobel per la medicina Montagnier. Tutte persone dalla straordinaria capacità di rendere semplice ciò che in realtà era complicatissimo.
L'”Organon” di Hanhemann, il padre dell’omeopatia, l’ho letto all’età di 17 anni, quando decidere cosa fare all’università. Quando mi sono iscritta a medicina, dopo esser cresciuta in questo tipo di ambiente, ho avuto delle difficoltà immani: io mi aspettavo uno studio dell’uomo e mi son trovata a studiarne le singole parti in modo separato. Fortunatamente ho trovato la mia salvezza nello studio della fisiologia, che per me ancora oggi rimane, con l’anatomia, la materia più importante degli studi di medicina.
Mentre preparavo l’esame mi sono imbattuta in un libro costosissimo ma per me fondamentale: un testo di psiconeurendocrinoimmunologia.
In quel testo ho trovato finalmente l’uomo nella sua interezza e la spiegazione dell’omeopatia! E da allora, più di 20 anni fa, passo il tempo a studiare quell’organo che è il nostro cervello, nella sua funzionalità.
Cosa c’entra tutto questo con l’omeopatia? C’entra eccome.
Chi si avvicina deve sapere che questa medicina cura la persona e non la malattia. E la cura nel suo insieme.
Per l’omeopatia (come per molte medicine olistiche) la malattia non è altro che il miglior adattamento che l’uomo ha trovato in quel momento all’ambiente esterno ed interno. Il sintomo quindi non va soppresso ma analizzato in tutte le sue modalità espressive, che sono tipiche di ogni singolo essere umano.
Per questo motivo, se decidete di andare da un omeopata dovete sapere che non avrete mai la pillola per il mal di testa o per la gastrite o per la sciatica. Avrete il rimedio che in quel momento è più utile per la cefalea che in voi si presenta con determinate caratteristiche. Avrete cioè la cura per voi quanto persona e non per un vostro sintomo. Questo lo vedremo nei seminari che inizieranno il 14 ottobre in collaborazione con Guapanapoli.
Ma quel che oggi mi preme maggiormente sottolineare è che, se volete davvero curarvi con l’omeopatia, dovete modificare il vostro approccio alla malattia ed alla terapia. L’omeopatia vi insegna che, se volete davvero guarire, dovete diventare responsabili della vostra salute.
Togliere un sintomo (il mal di testa con l’antinevralgico) non significa guarire né curare: significa togliere momentaneamente un fastidio, destinato a ripresentarsi se non ad aggravarsi se non si modifica il nostro comportamento.
Ippocrate, padre della medicina, ai suoi allievi diceva: “prima di prendere in cura un paziente accertatevi che sia disposto a modificare i comportamenti che lo hanno portato ad ammalarsi”.
È quanto dico ai pazienti che vengono per la prima volta: non curatevi con l’omeopatia se non modificate il vostro approccio al mondo e quindi anche al modo di curarsi.
Sembra difficile ma non lo è : è più semplice di quanto si pensi ma è l’elemento fondamentale per iniziare a curarsi in modo diverso.
In caso contrario, difficilmente avrete risultati con questo tipo di medicina.
Alla prossima.